Quel difficile confine tra diritto e diritti umani

La tratta di esseri umani è, oggi, una delle principali fonti di reddito delle organizzazioni malavitose e di matrice terroristica, insieme al traffico di armi, di droga e di reperti archeologici. È un fenomeno che deve essere analizzato, oltre che dal punto di vista umanitario, necessariamente anche per le sue implicazioni giuridiche, poiché coinvolge diritti umani negati, sacrificati spesso alle politiche individualistiche. Emerge innanzitutto un punto debole: la deriva individualistica che ha caratterizzato tutta questa materia.

È quanto conferma a «L’Osservatore romano» il professor Francesco Francioni, uno dei maggiori esperti europei di diritti umani, docente emerito a Oxford, nel Regno Unito, e ad Harvard, negli Stati Uniti, attuale resident professor di diritto internazionale all’Istituto universitario europeo e membro dell’Istitut de Droit International. Occorre rivedere i diritti umani in un’ottica di valori collettivi, di inclusione, per superare l’individualismo che oggi domina, soprattutto nei paesi dell’Unione europea e negli Stati Uniti.

È il punto debole — sottolinea Francioni — di tutta l’ideologia dei diritti umani. «Vediamo — sostiene Francioni — effetti negativi sull’impegno sui diritti umani a livello internazionale: non dico che oggi ci sia un disincanto generale sui diritti umani ma il clima è molto cambiato rispetto al periodo in cui i diritti umani erano la risposta alle atrocità peggiori commesse dall’uomo». A quell’epoca — dice ancora l’esperto di diritto — al centro dell’attenzione internazionale c’era la dignità umana.

Oggi, purtroppo, le guerre culturali tra i vari paesi, e il fenomeno del terrorismo globalizzato hanno molto cambiato la nostra posizione, come uomini, sui diritti umani». È indubbio che «proprio il pericolo degli attentati terroristici su larga scala, dall’11 settembre in poi, abbia modificato sia la percezione delle persone — spostando l’attenzione dai valori umani a quelli della sicurezza — sia le priorità degli Stati, che hanno dovuto investire moltissimo in sistemi di sicurezza, a discapito proprio della solidarietà». «Il diritto internazionale — sottolinea Francioni — è abbastanza sviluppato sul tema della lotta al traffico degli esseri umani. In Italia, per esempio, sono stati adottati il Protocollo alla Convenzione di Palermo del 2006, è stata ratificata nel 2010 la Convenzione di Varsavia e trova applicazione anche la Convenzione di Lanzarote sull’assistenza ai bambini vittime del traffico di esseri umani: gli strumenti, insomma, non mancano».

Il rischio è di affrontare il problema secondo alcuni punti di vista politici. Dunque, nella questione dell’interpretazione delle leggi sta il cuore del problema, secondo Francioni: «L’interpretazione che negli ultimi tempi si è fatta estremamente estensiva del diritto internazionale che i paesi attuano costituisce proprio il punto di conflitto più importante tra questo e i diritti umani». Ciò — avverte — ci riporta alla mancanza di un’ottica di valori collettivi, che si impone come il vero vulnus dell’odierna interpretazione del diritto internazionale.

Pubblicato su “L’Osservatore Romano” il giorno 29/07/2019

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