Il new deal di Obama e il tramonto dell’american way of life

La chiave è tutta in un documento di 85 pagine, un vero e proprio “libro bianco”, trasmesso al Congresso il 17 giugno: è in quelle righe che il Presidente Barack Obama in persona ha tracciato le linee guida dell’economia, per i prossimi mesi, dichiarando guerra a quello che finora era stato considerato il “far west dell’economia americana, il territorio della deregulation”. L’obiettivo è la creazione di una rete dei controlli del sistema finanziario, mai realizzata dagli anni della Grande Depressione, per rilanciare i mercati e l’intero sistema economico, travolto dalla crisi globale, più che mai simile a quella del 1929.

Il primo passo, secondo il progetto di Obama, è l’ampliamento dei poteri della Federal Reserve, la Banca Centrale Americana, che dovrebbe tornare, e il condizionale è più che mai d’obbligo, a quei compiti di sorveglianza e di controllo per i quali fu istituita nel 1913 da Woodrow Wilson. In pratica, la nascita di un “super poliziotto” a tutela dei mercati, con la missione esclusiva di vigilare sulle grandi banche e sulle società finanziarie, il cui eventuale fallimento potrebbe innescare un altro disastroso domino. Secondo le indicazioni del Presidente, inoltre, queste istituzioni dovranno essere in grado di dimostrare di possedere requisiti patrimoniali e di liquidità più solidi, e certificabili, e saranno obbligate ad aumentare il loro capitale di riserva per essere più protette rispetto al passato in caso di perdite inaspettate. E’ in arrivo, infine, anche un deciso giro di vite sui titoli considerati ad alto rischio, i cosiddetti hedge fund, strumenti economici estremamente complessi, considerati dagli analisti i maggiori responsabili della crisi. D’ora in avanti, se il Congresso trasformerà in legge gli appunti presidenziali, gli hedge fund saranno sottoposti alla registrazione da parte della Security Exchange Commission, la Consob americana. Un nuovo corso, quello auspicato da Obama, un decalogo economico con un unico, comune denominatore: il rispetto delle regole. E’ questo il cuore del progetto del Presidente, quella rivoluzione culturale promessa agli americani nei giorni immediatamente successivi alla sua elezione, e ora ad un passo dal prendere il via. Una rivoluzione che modificherà, forse per sempre, il rapporto tra lo stato e l’economia, e che però non sarà indolore. Perché destinata, inevitabilmente, a segnare la fine di un modello di vita, quell’american way of life già messo a durissima prova dalla crisi. L’olografia americana della famigliola felice, nel giardino dietro casa, con il barbecue e la Coca Cola, e il Suv parcheggiato in garage, è ormai solo un ricordo, un cliché, quello degli eccessi, che aveva caratterizzato gli anni ‘80 e ’90, e che aveva avuto un impatto dilagante sul resto del mondo. Un’analisi appena pubblicata da Usa Today, invece, fondata sui risultati di una raccolta di opinioni tra i milioni di lettori del quotidiano, non lascia grandi speranze: in futuro, quel tenore di vita, secondo gli stessi americani, non potrà più essere uguagliato. Il tempo degli eccessi, in ogni campo, da quello alimentare a quello immobiliare, da quello dei guadagni facili con le speculazioni a Wall Street e la bolla speculativa della Grande Mela è finito. Il rovescio  della medaglia, però, esiste, ed è un rovescio positivo, perché dalla grande crisi, sempre secondo i cittadini statunitensi, uscirà un’America rinnovata, forte di valori diversi da quelli del passato, valori meno effimeri e materialisti, e più intimi e spirituali. Valori etici, proprio quelli alla base del new deal di Obama, dai quali far ripartire non solo il sistema economico, ma anche quello sociale. Perché se è vero che l’american way of life è un passato destinato a non tornare, è anche vero che gli States sono sempre la patria dell’american dream, quel territorio misterioso dove tutto può succedere, e dove i sogni di chi lotta per realizzarli, spesso si avverano.

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